Un pugno allo stomaco

23 giu 2008




“C’è chi nasconde i fatti perché non li conosce, è ignorante, impreparato, sciatto e non ha voglia di studiare, di informarsi, di aggiornarsi (…)
C’è chi nasconde i fatti perché non vuole rogne e tira a campare galleggiando, barcamenandosi, slalomando (…)
C’è chi nasconde i fatti perché si sente embedded, fa il tifo per un partito o una coalizione, non vuole disturbare il manovratore (…)
C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti non lo invitano più in certi salotti, dove si incontrano sempre leader di destra e leader di sinistra, controllori e controllati, guardie e ladri, puttane e cardinali, principi e rivoluzionari, fascisti ed ex lottatori continui, dove tutti sono amici di tutti ed è meglio non scontentare nessuno (…)
C’è chi nasconde i fatti perché l’editore preferisce così.
C’è chi nasconde i fatti perché aspetta la promozione.
C’è chi nasconde i fatti perché fra poco ci sono le elezioni.
C’è chi nasconde i fatti perché quelli che li raccontano se la passano male (…)
C’è chi nasconde i fatti anche a se stesso, perché ha paura di dover cambiare opinione (…)
C’è chi nasconde i fatti perché i servizi segreti lo pagano apposta (…)
C’è chi nasconde i fatti perché così poi qualcuno lo ringrazia.
C’è chi nasconde i fatti perché spesso sono tristi, spiacevoli, urticanti, e non bisogna spaventare troppo la gente che vuole ridere e divertirsi (…)
C’è chi nasconde i fatti perché se no poi non lo candida più nessuno.
C’è chi nasconde i fatti perché così, poi, magari ci scappa una consulenza col governo o con la Rai, o con la Regione o con il Comune o con la Provincia o con la Camera di Commercio o con l’Unione industriali o col sindacato o con la banca dietro l’angolo (…)
C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti poi la gente capisce tutto.
C’è chi nasconde i fatti perché è nato servo e, come diceva Victor Hugo, “c’è gente che pagherebbe per vendersi”*”
* Marco Travaglio, La scomparsa dei fatti, 2007, ed. Il Saggiatore


Questo brano di Travaglio è eloquente: è una fotografia del costume italiano, di un’Italia sconcia, putrida. Eppure i giornali, le radio, ma soprattutto le televisioni ci dipingono il ritratto del Belpaese: bellezza, ricchezza, prestigio… Un bel sogno, vero? Tanti dormono e sono convinti si tratti della realtà. Anzi. Se qualche rompiscatole disturba il loro sonno, va isolato e annientato. Chi invece soffre d’insonnia, non si dà pace e cerca sollievo ad una situazione soffocante. Io faccio parte di questa categoria di “anime inquiete” e per cercare di distrarmi un po’ ho pensato di dedicarmi alla lettura di un buon libro.
Mi sono fatta rapire da “Roba Nostra” di Carlo Vulpio (2008, ed. Il Saggiatore"), incuriosita dal sottotitolo “Storie di soldi, politica, giustizia nel sistema del malaffare”. E’ difficile spiegare: pochi libri mi hanno trasmesso la medesima carica emotiva (anche se parecchio ad “effetto” sono stati “Fratelli d’Italia” di Ferruccio Pinotti e “La scuola assassina” di Pino Ciociola). “Roba Nostra” a tratti è così sconvolgente da togliere il fiato come un pugno allo stomaco. Sì, perché un conto è pensare di essere maligni ad immaginare chissà quali nefandezze compiute dal sistema politica-affari-poteri forti; un altro conto è dover prendere atto che la realtà ha di gran lunga superato la nostra immaginazione. E tutto con il silenzio (quando va bene) delle istituzioni che dovrebbero salvaguardare i cittadini.
Non c’è giustizia; non c’è equità; non c’è informazione (tranne qualche raro encomiabile caso); non c’è uno Stato di diritto: vale la legge del più forte e chi vuole sopravvivere deve attrezzarsi ad essere complice o connivente.
Io non voglio soccombere, ma non voglio vergognarmi di essere italiana. Leo Longanesi diceva che “non è la libertà che manca. Mancano gli uomini liberi”. In Italia nel 2008 è difficile parlare sia di libertà che di democrazia. Io non voglio essere complice e voglio essere libera: informiamoci, partecipiamo e riprendiamoci la democrazia. Facciamolo per noi stessi, per il nostro Paese, per il nostro futuro. Facciamolo…per il bene comune!

Monia

Pubblicato da Monia alle 11:50  
1 commenti
Alberto ha detto...

Grazie Monia per la segnalazione.
Siamo nella fase dei collezzionisti del museo degli orrori, ognuno da il suo contributo. Se ce la faremo a sopportare il fetore sarà un buon punto di partenza. La sfida è quella della ricostruzione interiore, per trovare la forza di resistere e spezzare il cerchio dell'oppressione. Sarà dura, speriamo che i segnali questa volta anticipino la svera svolta.
Alberto

23 giugno 2008 alle ore 15:13  

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