La Shock Economy Dei Rifiuti

11 giu 2008



Nel libro Shock Economy Naomi Klein interpreta con uno schema unitario molte vicende degli ultimi decenni: disastri, di origine naturale o indotti da interventi politico-militari o da misure economiche offrono l´occasione per azzerare gran parte della normativa vigente – a partire dai fondamenti costituzionali – in nome dell´"emergenza"; per esautorare istituzioni previste dall´ordinamento giuridico; per consegnarne le funzioni a una o più imprese private, che le gestiscono con risorse pubbliche e tariffe di favore in contesti di totale deregolamentazione, perpetuando le condizioni dell´emergenza e aggravando il disastro. L´emergenza campana inizia negli stessi anni a cui la Klein fa risalire l´avvio di questo processo: prima il colera; poi il terremoto; infine, quando cessano di operare i disastri naturali, l´emergenza rifiuti: altrettante occasioni per derogare alle norme sulla gestione del territorio e consegnarlo alla fine nelle mani di un Commissario straordinario e, attraverso questo, di un´impresa privata: la Fibe. Alla quale è stato affidato, con una gara di cui è accertata l´irregolarità, la gestione di tutta la parte lucrativa del ciclo dei rifiuti - smaltimento finale e trattamento intermedio, cioè discariche, inceneritori e i cosiddetti Cdr - ivi compresa la funzione eminentemente pubblica di decidere dove fare gli impianti. Se la Campania si trova oggi in una situazione così drammatica è perché, in attesa degli inceneritori (prima 24, poi 13, poi 3, poi solo uno, poi di nuovo 3 e ora 4) che avrebbero dovuto bruciare tutto, non si è mai avviata – con poche eccezioni – la raccolta differenziata e si sono intasati i Cdr, che avrebbero dovuto separare il rifiuto residuo in "secco" e "umido", per bruciare negli inceneritori solo il primo. Che bisogno c´era mai di separare tante frazioni se poi si poteva bruciare tutto, guadagnando per ogni tonnellata avviata all´impianto e per ogni kWh prodotto, grazie agli incentivi (CIP6) che solo l´Italia eroga a beneficio dell´incenerimento? Non solo: le ecoballe uscite dai Cdr si sono accumulate a milioni di tonnellate (7 o 8), perché il progetto della Fibe, che doveva essere realizzato in 300 giorni, non è mai entrato in funzione – e forse non ci entrerà mai – non certo per il fatidico "no" di ambientalisti, che, dopo l´apertura del cantiere, non hanno più contato nulla; ma per difetti di progettazione.
Ma una responsabilità la popolazione della Campania ce l´ha – si dice – perché ha votato le amministrazioni responsabili del disastro. Ma è il sistema che è bloccato. Commissariamento e trasferimento della gestione di rifiuti e territorio alla Fibe lo aveva combinato la Giunta Rastrelli di centrodestra. I campani l´avevano sfiduciata eleggendo la giunta Bassolino di centrosinistra che, invece di invertire rotta, la ha confermata. Tutti i presidenti della Regione (3) i prefetti (4) che si sono succeduti in quel ruolo, alternandosi (2 volte) con il capo della Protezione civile, sono stati nominati o confermati tanto dai governi di destra (Berlusconi 1, 2, 3 e 4) che da quelli di sinistra (Prodi, D´Alema, Amato e di nuovo Prodi). A ogni cambio di cavallo le deroghe alla legislazione ordinaria si sono ampliate, il caos normativo, istituzionale e organizzativo si è approfondito, l´accumulo di rifiuti per strada e il degrado del territorio sono aumentati. Commissario dopo commissario, governo dopo governo, sono state confermate le deroghe alla normativa e l´inceneritore come unica soluzione per salvare la Campania dal disastro che essi stessi avevano provocato. E ovviamente, in un contesto di deregolamentazione e illegalità diffusa, documentata anche dalle recenti intercettazioni, la camorra, già largamente presente sul territorio, ha aumentato la sua presa. L´ultimo decreto del governo, abolisce di fatto in Campania l´intera normativa su gestione del territorio, difesa dell´ambiente, tutela delle acque, salvaguardia della salute, sicurezza sul lavoro e persino fondamentali garanzie della procedura penale; decreta la realizzazione di 11 discariche e 4 inceneritori ammessi al trattamento di quasi ogni tipo di rifiuti, con il rischio di perpetuare – questa volta in modo "autorizzato" – il ruolo della regione di attrattore dei rifiuti tossici di tutto il Paese. Si stabiliscono anche, è vero, obiettivi ambiziosi di raccolta differenziata. Ma se verranno raggiunti, lasceranno inutilizzata metà della capacità degli inceneritori previsti: a disposizione per bruciare le ecoballe e altri rifiuti tossici da fuori regione (sempre fruendo degli incentivi CIP6 aboliti altrove). Stupisce che persone che ritengono improponibile rendere obbligatorio bere l´acqua del rubinetto o bloccare la vendita di imballaggi superflui e di prodotti usa e getta – cosa che dimezzerebbe il volume dei rifiuti per strada – approvi poi misure che intaccano i fondamenti della costituzione.
Alcuni di questi provvedimenti rischiano di stringere ancor più le popolazioni campane in una gabbia di ferro. Ma oggi, forse, ci sono le forze per invertire rotta: rappresentanze di categoria, associazioni del volontariato, comitati spontanei, diversi Comuni e molte parrocchie organizzano e coinvolgono migliaia di imprese, di famiglie e di lavoratori che vogliono fare raccolta differenziata, riduzione degli imballaggi e compostaggio (e che spesso li fanno con il "fai da te"). Certamente non era così tempo fa; ma dieci anni di vita infernale hanno insegnato molte cose a tutti. C´è nel territorio un livello di conoscenze, anche tecniche, sul ciclo dei rifiuti, che non esiste in nessuna altra regione italiana: sarà una risorsa straordinaria il giorno che ci si deciderà a usarla. Si dirà che questa rischia di essere l´ennesima riproposizione di quel "no" che ha gettato la Campania nel caos per un rifiuto pregiudiziale e ideologico dell´incenerimento, che invece funziona così bene all´estero. Ebbene, da qualche tempo i rifiuti che la Campania esporta in Germania, invece di essere bruciati, vengono sottoposti a trattamento meccanico-biologico, separando il secco dall´umido, stabilizzando quest´ultimo per opere ambientali e recuperando dalla frazione secca materiali sempre più preziosi da vendere e riciclare. Che sia questa, la modernità?

Scritto da Guido Viale

Pubblicato da Monia alle 10:06  
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