Una questione di (in)giustizia

21 feb 2008












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- Al Presidente del Senato
- Al Presidente della Camera
- A tutti i componenti della Corte Costituzionale
- A tutti i componenti del Consiglio di Stato
- Agli ex Presidenti della Repubblica
- Ai direttori delle testate giornalistiche

Lettera aperta ai parlamentari italiani

Colleghi deputati e senatori,
il Consiglio dei Ministri, nella seduta di venerdì 15 ha deciso che, per i tempi brevi della campagna elettorale (per altro indetta impedendo lo svolgimento di un referendum già approvato e nonostante la Corte Costituzionale abbia espresso seri dubbi di costituzionalità sulla legge esistente), si derogherà sulla presentazione delle 60-70.000 firme a cui avrebbero dovuto sottostare tutte quelle liste elettorali che, rispetto alle elezioni del 2006, avessero cambiato simbolo.
Quella della raccolta firme è una procedura estenuante e costosa, e si può convenire che perdere uno dei due mesi che ci separano dal 13 aprile, per raccogliere tutte le firme, rappresenti un drastico taglio dei tempi necessari per entrare in rapporto con un significativo numero di elettori.
Ma la forzatura costituzionale e politica sta nel prevedere la soluzione dei problemi di tutte le forze politiche e associazioni, rappresentate in Parlamento, tranne il solo Movimento Politico dei Cittadini, di cui io sono l’unico rappresentante.
Non solo; la sua non chiara stesura ha prodotto due diverse letture: una più restrittiva che dava tempo fino alle 24 del giorno stesso. Noi l’abbiamo appreso l’indomani e solo il lunedì erano contattabili gli uffici; è singolare che altri invece fossero subito nelle condizioni di ottemperare a questa restrittiva lettura dando vita ad aggregazioni “tecniche” che hanno aggirato la nuova norma. L’altra versione, degli uffici della Camera, sostiene invece la possibilità di ottenere una dichiarazione “tecnica” di adesione da parte di un altro parlamentare, notificata al Presidente della Camera competente, anche in data successiva al 15 febbraio, e comunque entro la data di conversione parlamentare del Decreto.
Noi stiamo vivendo quel Decreto come un chiaro atto “Contra personam”.
Come è possibile, nel rispetto dei principi costituzionali, che solo a noi della lista PER IL BENE COMUNE venga negato un diritto riconosciuto a tutti gli altri parlamentari?
O vale per tutti, piccoli e grandi, che hanno modificato il simbolo con cui furono eletti nel 2006, o non vale per nessuno; adottare provvedimenti “contra personam” non é una caratteristica delle democrazie.
Qualora alcuni colleghi pensassero di poter sostenere la tesi che purtroppo la decisione è già presa e che solo il caso ha voluto che noi fossimo le uniche vittime, ci permettiamo di rilevare che tempi, modi e successive modifiche adottate alla Camera, dimostrano il contrario, mentre in questi giorni non sono mancati chiari messaggi del tipo: “Ci hai reso la vita difficile, che ti aspettavi ? ”
Non ci resta quindi altra strada che fare appello a voi, alla vostra sensibilità istituzionale e democratica perché alla Camera ed al Senato venga corretta questa norma “contra personam”.
Spesso risuonano nelle nostre aule le parole di Voltaire : “Io non sono d’accordo con ciò che dici, ma mi batterei fino alla morte per il tuo diritto di dirlo”.
Per correggere e porre rimedio ad un atto “contra personam” non credo sia necessario giungere alla morte di nessuno di voi; basterà un po’ di coerenza tra ciò che sarete chiamati a votare ed i vostri ripetuti richiami alla democrazia, alla libertà ed alla tolleranza, e concludere con la necessità di rimuovere una arrogante punizione verso un parlamentare che in questi due anni ha civilmente espresso le proprie idee, come era suo diritto e dovere.

Senatore Fernando Rossi

Pubblicato da Monia alle 17:18  
1 commenti
dragogio ha detto...

Non ci posso credere...
Non cedere, si può fare, si può fare, possiamo farcela, dobbiamo farcela.

21 febbraio 2008 alle ore 17:48  

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