Rubate con Rispetto
29 lug 2008
Curioso: ogni tanto il Giornale Radio dell’emittente di stato fa passare una notizia in un’edizione di primo mattino e poi la notizia scompare, apparentemente inghiottita in un buco nero.
Stessa cosa accade in certe edizioni antelucane dei giornali, e tutto questo frettoloso svanire è sintomo dell’importanza della notizia. Se qualcuno si preoccupa di censurare, non servono commenti perché il fatto parla da sé: "Scusate il contrattempo: il popolo bue non deve sapere." Valga per tutte la pudica censura agl’incidenti, ultimamente piuttosto frequenti, a carico d’impianti nucleari qua e là per il mondo le cui nuove sono divulgate in modo quasi clandestino da media fuori dei giri di potere e, dunque, di scarsa diffusione.
Ora, restando nella categoria di notizie, salta fuori per un attimo fuggente che le nostre riserve di grano coprono sì e no sei mesi del fabbisogno nazionale e che noi siamo dipendenti dall’estero a questo riguardo. Strano, potrebbe pensare chi ha avuto modo di ascoltare le dotte, più che convincenti disamine di scienziati e politici sul tema degl’impianti a biomasse. A quanto mi era parso di capire, anche per essere stato presente ad alcune di queste esternazioni, gli agricoltori non sanno che cosa coltivare e sono entusiasti di legarsi nella buona e nella cattiva sorte (ma la casta ci tranquillizza tutti: la sorte cattiva non ci sarà) a chi farà loro coltivare vegetali destinati ad essere bruciati sull’altare di un’energia di cui, ci giurano, abbiamo sempre più bisogno. E il grano? Non si può perdere tempo con il grano quando ci si può occupare di argomenti ben più redditizi che richiedono la costruzione d’impianti con appalti, subappalti, permessi, concessioni, consulenze…
Un’altra notizia che è durata quanto una bolla di sapone
è stata quella relativa alla meteorologia delle Olimpiadi ormai alle porte. Al flop preannunciato, i cinesi non vogliono aggiungere l’aggravante della pioggia, e allora ecco la grande idea: spariamo in atmosfera enormi quantità di ioduro d’argento, facciamo cadere la pioggia adesso (lo ioduro d’argento provoca il fenomeno) e così, dall’8 agosto in poi, avremo tempo asciutto assicurato.
Al di là del ragionamento che a me, che pure di meteorologia non so nulla, appare a dir poco balzano, mi chiedo come si possa pensare di appestare un’aria, peraltro già tra le più mefitiche del mondo (io l’ho respirata per quasi un mese e non mi sono divertito), con un sale d’argento che, dopo aver aleggiato per un po’ sopra le teste, dovrà per forza ricadere a terra con tutte le fin troppo ovvie conseguenze su ambiente e salute come c’insegna chi ha devastato il Danubio in quella maniera. Un dubbio ulteriore mi viene, poi, dal fatto che lo ioduro d’argento costa caro e che i cinesi potrebbero optare per qualcosa d’altro.
Se, poi, si fa mente locale sul fatto che noi importiamo grandi quantità di prodotti agricoli, soprattutto orticoli, dalla Cina, e che laggiù si usano fertilizzanti e pesticidi di cui sarebbe quanto mai opportuno sapere di più, ecco che aggiungere ai vegetali anche iodio e argento (o altro?) potrebbe far sorgere qualche ulteriore perplessità.
È vero che, dopotutto, tornando al colpo di genio degl’impianti a biomasse, si prevede l’importazione di navi su navi cariche di olio di palma in cui ci sta di tutto un po’ e, dunque, introdurremo nella nostra aria chissà quante migliaia di tonnellate di porcherie recapitateci direttamente dall’Estremo Oriente. Ed è altrettanto vero che cementifici nostrani importano anch’essi, sempre senza che il solito popolo ne sia sufficientemente informato, navi su navi di pet coke (la feccia della lavorazione del petrolio) da oltre-Atlantico, non contenti di quello prodotto dalle nostre raffinerie, per essere bruciato e per poi esserci rifilato come residuo incenerito mescolato al cemento insieme con altre polveri sulle quali pare sia meglio non indagare. Quindi, ormai, i nostri organismi sono equiparati per ragion di stato a cloache in cui si scarica tutto quanto residua come prodotto collaterale dai business della nostra malavita (politica, impresa, accademia…)
A questo punto mi permetto di dare un consiglio modestissimo ai nostri malavitosi di regime: fate come si faceva nella Prima Repubblica. Anche allora si facevano porcate, si rubava, si corrompeva, si facevano, insomma, gli affari propri infischiandosi del bene comune. Infischiandosene fino ad un certo punto, però, e lì sta il segreto. Se voi continuerete così, a derubarci, a farci ammalare, a devastare il nostro patrimonio, a dilapidare risorse, a fare terra bruciata intorno a voi, a raccontarci balle, a trattarci come idioti, finirà che non avrete più di che ingrassarvi. Se non altro perché non ci sarà più niente.
E certo non avrete di che tramandare il vostro parassitismo ai vostri figli come si fa ora in tanti àmbiti, accademia in primis (e da lì deriva il collasso culturale di cui ci subiamo la vergogna a livello planetario), ma anche nella politica, nella funzione di stato, nel mondo dell’informazione… Fate come i vostri predecessori: rubate con misura e, se la cosa non suonasse buffa, con rispetto, perché se non ci sarà più niente per noi, prima o poi la festa sarà finita anche per voi e per le ambizioni dei vostri eredi.
Stessa cosa accade in certe edizioni antelucane dei giornali, e tutto questo frettoloso svanire è sintomo dell’importanza della notizia. Se qualcuno si preoccupa di censurare, non servono commenti perché il fatto parla da sé: "Scusate il contrattempo: il popolo bue non deve sapere." Valga per tutte la pudica censura agl’incidenti, ultimamente piuttosto frequenti, a carico d’impianti nucleari qua e là per il mondo le cui nuove sono divulgate in modo quasi clandestino da media fuori dei giri di potere e, dunque, di scarsa diffusione.
Ora, restando nella categoria di notizie, salta fuori per un attimo fuggente che le nostre riserve di grano coprono sì e no sei mesi del fabbisogno nazionale e che noi siamo dipendenti dall’estero a questo riguardo. Strano, potrebbe pensare chi ha avuto modo di ascoltare le dotte, più che convincenti disamine di scienziati e politici sul tema degl’impianti a biomasse. A quanto mi era parso di capire, anche per essere stato presente ad alcune di queste esternazioni, gli agricoltori non sanno che cosa coltivare e sono entusiasti di legarsi nella buona e nella cattiva sorte (ma la casta ci tranquillizza tutti: la sorte cattiva non ci sarà) a chi farà loro coltivare vegetali destinati ad essere bruciati sull’altare di un’energia di cui, ci giurano, abbiamo sempre più bisogno. E il grano? Non si può perdere tempo con il grano quando ci si può occupare di argomenti ben più redditizi che richiedono la costruzione d’impianti con appalti, subappalti, permessi, concessioni, consulenze…
Un’altra notizia che è durata quanto una bolla di sapone
è stata quella relativa alla meteorologia delle Olimpiadi ormai alle porte. Al flop preannunciato, i cinesi non vogliono aggiungere l’aggravante della pioggia, e allora ecco la grande idea: spariamo in atmosfera enormi quantità di ioduro d’argento, facciamo cadere la pioggia adesso (lo ioduro d’argento provoca il fenomeno) e così, dall’8 agosto in poi, avremo tempo asciutto assicurato.
Al di là del ragionamento che a me, che pure di meteorologia non so nulla, appare a dir poco balzano, mi chiedo come si possa pensare di appestare un’aria, peraltro già tra le più mefitiche del mondo (io l’ho respirata per quasi un mese e non mi sono divertito), con un sale d’argento che, dopo aver aleggiato per un po’ sopra le teste, dovrà per forza ricadere a terra con tutte le fin troppo ovvie conseguenze su ambiente e salute come c’insegna chi ha devastato il Danubio in quella maniera. Un dubbio ulteriore mi viene, poi, dal fatto che lo ioduro d’argento costa caro e che i cinesi potrebbero optare per qualcosa d’altro.
Se, poi, si fa mente locale sul fatto che noi importiamo grandi quantità di prodotti agricoli, soprattutto orticoli, dalla Cina, e che laggiù si usano fertilizzanti e pesticidi di cui sarebbe quanto mai opportuno sapere di più, ecco che aggiungere ai vegetali anche iodio e argento (o altro?) potrebbe far sorgere qualche ulteriore perplessità.
È vero che, dopotutto, tornando al colpo di genio degl’impianti a biomasse, si prevede l’importazione di navi su navi cariche di olio di palma in cui ci sta di tutto un po’ e, dunque, introdurremo nella nostra aria chissà quante migliaia di tonnellate di porcherie recapitateci direttamente dall’Estremo Oriente. Ed è altrettanto vero che cementifici nostrani importano anch’essi, sempre senza che il solito popolo ne sia sufficientemente informato, navi su navi di pet coke (la feccia della lavorazione del petrolio) da oltre-Atlantico, non contenti di quello prodotto dalle nostre raffinerie, per essere bruciato e per poi esserci rifilato come residuo incenerito mescolato al cemento insieme con altre polveri sulle quali pare sia meglio non indagare. Quindi, ormai, i nostri organismi sono equiparati per ragion di stato a cloache in cui si scarica tutto quanto residua come prodotto collaterale dai business della nostra malavita (politica, impresa, accademia…)
A questo punto mi permetto di dare un consiglio modestissimo ai nostri malavitosi di regime: fate come si faceva nella Prima Repubblica. Anche allora si facevano porcate, si rubava, si corrompeva, si facevano, insomma, gli affari propri infischiandosi del bene comune. Infischiandosene fino ad un certo punto, però, e lì sta il segreto. Se voi continuerete così, a derubarci, a farci ammalare, a devastare il nostro patrimonio, a dilapidare risorse, a fare terra bruciata intorno a voi, a raccontarci balle, a trattarci come idioti, finirà che non avrete più di che ingrassarvi. Se non altro perché non ci sarà più niente.
E certo non avrete di che tramandare il vostro parassitismo ai vostri figli come si fa ora in tanti àmbiti, accademia in primis (e da lì deriva il collasso culturale di cui ci subiamo la vergogna a livello planetario), ma anche nella politica, nella funzione di stato, nel mondo dell’informazione… Fate come i vostri predecessori: rubate con misura e, se la cosa non suonasse buffa, con rispetto, perché se non ci sarà più niente per noi, prima o poi la festa sarà finita anche per voi e per le ambizioni dei vostri eredi.
Scritto da Stefano Montanari
Pubblicato da
Faber
alle
12:27
Labels: Cina, Informazione, Inquinamento, Prima Repubblica, Stefano Montanari
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